Sono le dieci passate quando, zaino con l’attrezzatura fotografica e cavalletto a tracolla, pedalo per tornare a casa dopo avere fatto qualche scatto ai Ghiri. Il fanale della bici illumina con un ovale la strada nel bosco e, anche se la conosco a memoria, una pila è comunque pronta in mano. Due enormi orecchie e una lunga coda cadente mi appaiono a pochi metri; accendo la pila e si designano anche quattro esili zampe, un muso appuntito e un magro torace: un piccolo di Volpe. Mi fermo e anche lei lo fa; indecisa mi si avvicina lentamente poi ritorna sui suoi passi e altrettanto lentamente procede. La seguo, facciamo la stessa strada, ogni tanto si volta e poi gira a destra verso il prato del Merla, forse verso i suoi che la aspettano. Io torno a casa con una esperienza nuova da raccontare a Anna. Le foto della piccola Volpe? Sono salvate nella mia memoria visiva probabilmente più al sicuro che in una compact flash.
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