Nel castello che sorge sul colle della Rocca viveva, tanti anni fa, un nobile signore che aveva una figlia, la bellissima Radegonda. Il padrone del castello e gli abitanti del borgo sarebbero vissuti in pace se non fosse stato per le scorrerie del marchese Margolfo che chiedeva sempre nuove tasse e, quando i poveri angeresi non riuscivano a pagare in tempo, arrivava a cavallo coi suoi armati e devastava e incendiava i campi, i prati, le case. Quando dal torrione della Rocca si vedeva in lontananza la nuvola di polvere che preannunciava l'arrivo di Margolfo, la bella Radegonda scendeva al paese e si rifugiava nel suo padiglione, fra gli alti pioppi dell'isolino Partegora. Ma un brutto giorno - c'era tanta nebbia che non si vedevano nemmeno le mura del castello - il marchese arrivò inaspettatamente e Radegonda non fece in tempo ad andarsene. Quando Margolfo la vide, decise immediatamente di sposarla e il castellano, anche se a malincuore, dovette concedergli in moglie la sua amatissima figlia, perché il marchese era un uomo molto potente e non si poteva contraddirlo. Gli disse quindi di ritornare dopo due mesi, giusto il tempo di preparare i festeggiamenti. La povera Radegonda era disperata: non mangiava più, non dormiva più e piangeva, piangeva da far compassione anche alle pietre. Poco prima della data stabilita per le nozze, decise di andare al padiglione dell'isolino per dare un addio ai suoi cari pioppi, alla famiglia di cigni che aveva fatto il nido nel canneto, all'usignolo che la rallegrava con le sue serenate. Ma quella sera l'usignolo non cantava. Radegonda alzò lo sguardo per cercarlo, ma vide soltanto le nuvole che correvano veloci al di sopra dei rami. A un tratto notò che una di queste nuvole, bianca, luminosissima, scendeva sull'isolino. Chiuse gli occhi, abbagliata da tanto splendore e, quando li riaprì, accanto a lei c'era un giovane bellissimo: era il principe delle nuvole che, impietosito dalle sue lacrime, cercava di portarle conforto. Da quella sera Radegonda passò le sue giornate all'isolino e la compagnia del giovane principe quasi le faceva dimenticare che si avvicinava il momento delle nozze. Ma il giorno tanto temuto arrivò. Giunto il marchese Margolfo con la sua scorta, non trovò Radegonda e nessuno gli volle dire dove fosse nascosta. Nessuno eccetto una vecchia malvagia che viveva in una casetta sulla riva del lago: la vecchia si era accorta che mancava la barchetta di Radegonda, ormeggiata di solito sulla riva. Fu così che Margolfo venne a conoscenza del nascondiglio della promessa sposa e, sceso alla riva del lago di fronte all'isolino, cominciò a chiamarla, ordinandole di tornare subito a riva altrimenti sarebbe andato a prenderla lui stesso. Radegonda continuò a tacere anche quando un tonfo e un forte sciacquio le fecero capire che Margolfo si era buttato nell'acqua e stava nuotando verso di lei. Allora il principe delle nuvole si rivolse alle sue sorelle, le nuvole nere, perché accorressero in aiuto della bella Radegonda. Dal cielo, improvvisamente coperto di nubi temporalesche, un fulmine si abbatté sul marchese che, trasformato in un macigno, si inabissò nel lago. Tutti si rallegrarono per la fine del tiranno, pensando che con lui fossero finiti anche i loro guai. Ma non fu così. Pochi anni dopo la zona fu colpita da una grande siccità. Le acque del lago si erano molto abbassate, e un giorno un pescatore che stava attraversando con la sua barca il braccio di lago che separa la riva di Angera dall'isolino Partegora fece appena in tempo a evitare uno scoglio di cui non si era mai accorto. Si fermò, gli girò intorno, e vide incise sulla roccia queste parole: QUANDO MI VEDRETE PIANGERETE E piansero davvero quell'anno gli abitanti di Angera, perché nei campi, a causa della siccità, non crebbe nemmeno un filo d'erba. Ancora oggi quando quel sasso affiora dall'acqua del lago, l'erba cresce a stento nei prati, gialli e riarsi come dopo le scorrerie del terribile Margolfo. Testo tratto da: "L'Albero del Tempo" di Franca Nobili, Ediz. Amministrazione Comunale di Angera, 2003.
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